giovedì, aprile 02, 2009

Riflessioni su Buddismo ed Impulso Cristico

Riflessioni e considerazioni in margine
ad una conversazione sul buddismo e l’impulso cristico

(nota: queste che seguono sono considerazioni nate dalla pratica numerologica di molti decenni e servono ancora una volta a far capire il valore delle esperienze umane individuali passate e presenti come condizionamento dei nostri comportamenti e quindi come occasione-pretesto per avanzare sulla via della realizzazione personale. Possono servire come inizio e stimolo per uno studio comparato delle due religioni, la cristiana e la buddista fin dalle loro origini, ma questo è un lavoro che esula dal mio intento e scopo attuali).

E’ da molto tempo che mi capita spesso di fare delle considerazioni profonde sul significato e l’influenza che alcune religioni antiche, come il buddismo e il cristianesimo, hanno ancora per tante persone che vivono nella nostra società con caratteristiche ben precise; non importano le differenze culturali e sociali o evolutive ma solo il ricordo nel profondo subconscio che ognuno porta dentro di sé dell’appartenenza o meno ad una o all’altra religione che condiziona la concezione di vita attuale.
Perché religione, specie nei tempi passati, ma anche ai nostri giorni, vuol dire modo di concepire la vita, modo di porsi di fronte alle richieste e alle situazioni della propria esistenza e di considerare il fine della propria vita.
Infatti, siccome sono numerologo e auditor (pratico l’auditing o regressione cosciente) mi capitano di frequente persone che hanno un rapporto con l’esistenza fisica e materiale molto particolare, mi spiego: di fronte a certe richieste, a certe prove e sfide dolorose e difficili che vengono loro incontro quotidianamente da rapporti situazioni ed eventi, c’è in loro come una forza nascosta che le spinge a rinunciare a combattere con tenacia e determinazione o a impegnarsi non per vincere e superare la prova e affermare la propria individualità rafforzando gli ego, ma semplicemente con la speranza di vivere un’esperienza, una serie di esperienze che, secondo loro, si concluderanno alla fine della vita con il superamento della spinta a rinascere.
E’ presente in loro come una riserva mentale di questo genere: -Sì, affronto la prova, mi impegno….intanto è l’ultima volta che mi sono incarnato in questa vita…..e poi basta!! (sono parole reali che parecchi dicono).
Allora io che sono un ricercatore occidentale convinto che incarnarsi in occidente ha un preciso significato, mi sento spinto a fare alcune riflessioni: la realtà della reincarnazione va giustamente interpretata nel senso che ogni ritorno in vita è un anello di una catena cui solo spiriti alti ed eletti come le guide spirituali o bodhisattva e buddha orientali, possono sfuggire per ragioni molto profonde che in questo momento sarebbe troppo lungo spiegare; gli altri esseri umani devono tutti continuare ad incarnarsi per imparare la legge della vita, perché ogni incarnazione è l’occasione che permette di capire bene ed attuare una realtà di valore cosmico: l’impulso cristico, cioè quella forza morale-amore che permette di superare il dolore, la sofferenza con la partecipazione del “fratello” che ti sta accanto e cammina con te, spesso nella disperazione ma piena di speranza e non da solo.
Attraverso lo studio e la pratica numerologica si può riconoscere l’appartenenza in vite precedenti di una persona ad una cultura orientale di intonazione buddista, perché c’è in essa come una resistenza ad entrare in contatto con la realtà del mondo di oggi, improntata ad una esaltazione del consumismo, della personalità, del desiderio di benessere materiale, di potere e dominio, in sostanza a vivere una vita legata all’idea del karma e alla sete di vivere e quindi al dolore e alla malattia, alla vecchiaia e alla morte.
Mi sono costruito, quindi, a scopo di studio ma soprattutto per dare i giusti consigli per entrare nel giusto rapporto con la realtà presente, un protocollo di domande per individuare bene la probabile appartenenza religiosa e culturale che la persona analizzata si porta dietro da vite.
Cosa è per te la vera beatitudine e cosa significa?
Chi risponde: -Ma che sono nato a fare!? Stavo tanto bene lontano dall’esistenza terrena così faticosa e densa di dolori e fastidi!! Mi sento solo e isolato e se voglio liberarmi dalla “sete di esistenza” devo trovare in me le forze della conoscenza che mi redimano (spesso sono esercizi yoga); per me la vera beatitudine consiste nel non reincarnarmi più per non soffrire il dolore, la malattia e la vecchiaia (rimanendo nel nirvana) – o pensieri simili, che dimostrano la sua difficoltà ad entrare nel mondo sensibile per lui maya o illusione, ha chiaramente nel suo bagaglio di esperienze di vite passate il ricordo del buddismo; chi invece risponde: -Per me la vera beatitudine la conquisto ritornando attraverso il dolore e la sofferenza al cielo da cui sono precipitato con i miei “fratelli” umani (c’è nel subconscio il senso di colpa per il peccato originale) e combatto nella mia vita per migliorarmi dando la massima importanza alla creazione, alla natura specchio di Dio- e si sente partecipe del dolore e del male comune che fa soffrire tutti gli uomini, allora è appartenuto e appartiene a quella cultura occidentale cristiana che caratterizza il fondo della nostra civiltà, che nella sua essenza più profonda tende a tornare al cielo, ma attraverso la lotta con il male condiviso e partecipato con il prossimo.
Che provi di fronte al mondo che ti circonda?

Chi risponde in questa maniera o simile: - Mi trovo in questo mondo di illusione, per me tutto è inconsistente, è privo di valore rispetto alla condizione in cui mi trovavo prima di reincarnarmi – è sicuramente appartenuto e appartiene alla cultura orientale buddista; chi invece risponde: - Mi sento precipitato in questo mondo, come se dovessi scontare una colpa primigenia (peccato originale) e lo avverto, sì, come illusione non perché lo sia in realtà, ma perché ho davanti ai miei occhi, alla mia mente e alla mia anima un velo, un filtro che mi impediscono di vedere il vero e il giusto – è decisamente cristiano ( non significa però che appartenga o debba appartenere necessariamente alla confessione cattolica…) e lui la vera mèta la trova nel mondo in cui vive e opera insieme con gli altri uomini: per il cristiano, la terra è la palestra in cui esercitarsi a sviluppare l’uomo superiore e l’amore, cioè il Sé Superiore, per vedere il mondo nella sua giusta realtà, perché avverte che dipende da lui l’errore, dalla sua anima, non dalla realtà in sé; il buddista invece si chiede di chi sia la colpa della illusione del mondo, e si risponde: del mondo stesso e cerca l’affrancamento dalle rinascite combattendo la sete dell’esistenza e del vivere in modo adeguato.
A parte queste considerazioni a margine di alcune riflessioni suggerite dalla analisi numerologica, di questi tempi è molto importante riconoscere la forza che permette di sviluppare all’uomo la conoscenza e l’apprezzamento della realtà in cui vive nella sua giusta verità; non è però sufficiente conoscere le verità della reincarnazione e del karma, che già danno una spiegazione dei meccanismi dell’esistenza umana, ci vuole qualcosa in più, una forza che penetri sempre più nei cuori e nelle menti umane e che faccia capire per esperienza che non la liberazione dalla esistenza terrena, ma la trasformazione dell’individuo e la sua resurrezione ad uno stato di essere nuovo danno il vero senso alla vita.
Innanzitutto occorre capire che lo spirito che noi cerchiamo disperatamente per risalire con le nostre forze al cielo, è presente prima dentro di noi, fatti ad immagine e somiglianza del creatore e poi in tutta l’esistenza terrena, nella meravigliosa struttura dello spirito umano e del creato.
Poi, questa energia così potente che S. Paolo enunciò con queste parole: “Non io ma il Cristo in me”, deve sempre più diventare l’intima fonte di forze tali da farci affrontare gli eventi della vita con entusiasmo, fede profonda e incrollabile per accettare, capire, perdonare e amare che non devono rimanere pura acquisizione intellettuale.
Per riassumere brevemente le due concezioni, la buddista e la cristiana, occorre fare delle precisazioni: chi è stato e lo è ancora cristiano, apprezza l’esistenza umana e il creato in tutta la loro misteriosa e meravigliosa essenza, perché avverte dentro di sé, nei momenti di “grazia”, la presenza della “scintilla divina” nel suo cuore e nella sua mente e da tale sicurezza parte alla scoperta nel mondo di tutti gli aspetti “divini” attraverso le sue capacità e qualità umane che si esprimono nella religione, nella filosofia, nella scienza e nell’arte ma specialmente in un vivere consapevole, disponibile e rispettoso, creativo e costruttivo e possibilmente libero e indipendente. Vive la sua esistenza e la condivide con gli altri suoi “fratelli” nel senso di compagni di viaggio, come una continua prova e sfida per sviluppare il suo essere e raggiungere una vera trasformazione: che significa ciò? Liberare dai veli (le forze dell’ostacolo) la propria coscienza per vedere il mondo nella sua giusta verità, ciò è possibile solo all’uomo libero e intenzionato a trasformarsi da uomo preda dei suoi istinti e impulsi inferiori ad individuo consapevole e disponibile verso il prossimo con l’aiuto della forza amore che attinge risvegliandola nel suo intimo.
Chi è stato e lo è ancora buddista, secondo la concezione antica che mirava a raggiungere il nirvana distaccandosi dall’esistenza terrena, porta con sé, come ricordo di tale esperienza, la tendenza a considerarla illusione o maya e quindi a non vedere in essa il riflesso, lo specchio dello spirito divino e a ricercare la sua realizzazione nel liberarsi da ogni legame terreno che ostacoli il raggiungimento della sua beatitudine (nirvana); la vita è un peso, è un ostacolo ed è importante viverla come ultima volta per non reincarnarsi più, mettendo in pratica tutte le tecniche possibili per sradicare dalla mente e dal cuore il desiderio di ritornare a vivere. Il guru o maestro, per lui è l’elemento essenziale che aiuta i suoi allievi a raggiungere la mèta: la liberazione dal dolore, dalla malattia e dalla vecchiaia e dalla morte.
Ancora oggi in occidente, e parecchi anche in Italia, ci sono gruppi di cammino spirituale impostati sul rapporto guru-discepolo, aspetto fortemente criticato da persone di cultura esoterica occidentale che ritengono che il vero e unico maestro è dentro l’uomo stesso, il Sé Superiore o IO SONO.
Il buddista si sente solo, separato dagli altri nella illusione per lui quotidiana in attesa che appaia qualcuno o qualcosa che dia un senso alla vita, liberandolo dai legami con l’esistenza terrena e lavora su di sé con gli esercizi dell’ottuplice sentiero (esercizi dati dal Buddha) ; gli sfugge la peculiarità del cristiano: la condivisione, la partecipazione alla problematica del prossimo che rende l’esistenza tale da essere vissuta con disponibilità, trasporto, amore ed entusiasmo.
Come il buddista poggia la sua opera di trasformazione inizialmente sul suo maestro o guru, il cristiano fonda la sua forza sull’aiuto che gli può dare il risveglio del suo maestro dentro di sé tramite l’energia dell’impulso cristico.
Ecco una tecnica per risvegliarlo in sé. (Ne ho già scritto nella conferenza “ il Karma e l’amore cosmico o energia di amore” blog luglio 2008)
Per risvegliare tale energia di amore nella coscienza occorre fare un atto di fede, che significa accettazione totale di sé, questo è il primo passo: credere fermamente di possederla, sentirla vibrare, pulsare nel cuore, poi indirizzarla con la mente verso i giusti obiettivi. E’ fondamentale concentrarsi in questa iniziale esperienza in un momento di serenità e di rilassamento creativo e non di crisi, in questo caso sarebbe impossibile e controproducente.
All’inizio si avverte un fluire di energia vitale calda, capace di portare ad ebollizione tutto il nostro essere, concentrata nel chacra del cuore, così si affinano tutte le capacità di comprensione, di sensibilità e di veggenza per cui chi ci sta di fronte si manifesta nella sua intima essenza, e lo consideriamo come un nostro “fratello”.
Questo stato di coscienza, di pienezza creativa non tutti riescono facilmente a raggiungerlo, perciò è necessario praticare esercizi di autoaffermazione costanti e ripetuti per creare una tendenza come frutto di un allenamento.
Eccone alcuni già sperimentati, ma se ne possono fare molti altri mirati alla singola persona:
Apro il mio cuore alla calda energia di amore, senza paura o calcolo, sono sempre più positivo, disponibile e attivo nella comprensione; spando luce e calore come il sole senza avere nulla in cambio.
Sempre più si discioglie nella mia mente e nel mio cuore ogni sentimento di rancore e di rabbia, di fastidio o indifferenza e risentimento; capisco e giustifico chi mi ferisce perché il mio cuore è aperto al perdono e all’amore.
3) Vado sempre più entrando nella forza amore in piena armonia con me stesso e gli altri; sono sereno, sicuro e certo di amare con il cuore. Comprendo l’altro dividendone gioie e dolori.
E’ chiaro che questo stato di essere molto intenso deve diventare una esperienza tutta nella sfera del sentimento, poi, quando è diventato abituale e sicuro, può essere impugnato dalla mente e dalla coscienza e indirizzato verso precisi obiettivi.
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Come va usata, quindi, questa inesauribile energia d’amore?
Va riversata innanzitutto su se stessi, sulla propria persona intesa come insieme inscindibile di corpo fisico e corpi sottili dove sono radicati emozioni, sentimenti, impulsi inconsci e l’io cosciente.
Infatti quando siamo stressati, scontenti e insoddisfatti, quando vediamo lontani e quasi irraggiungibili i nostri obiettivi, quando ci domandiamo a che serve vivere tutte le esperienze negative, quando si avverte l’esaurimento di tutte le molle, gli interessi e i desideri che in fin dei conti danno una ragione di vita, in poche parole, quando siamo fuori della corrente positiva delle energie creative, quelle che ti fanno sentire utili, ben inseriti nel rapporto con noi stessi e con gli altri, allora quello è il momento di agire su noi stessi con la forza amore.
Come?
Innanzitutto scaldando il cuore; il centro energetico del cuore ha una funzione determinante perché entra, opportunamente stimolato da formule di autoaffermazione e da esercizi, nella corrente energetica universale; deve essere costantemente allenato e curato.
Praticamente occorre, specie se si è scarichi e demotivati, caricarsi di entusiasmo anche per le piccole cose, purché si entri nella corrente energetica positiva e creativa: il primo scoglio da superare è questo: risorgere dall’apatia, dalla negatività e dalla demotivazione con qualsiasi mezzo; esistono diverse tecniche psicofisiche, dalla respirazione alle formule di autoaffermazione.
Ma esiste un’altra via molto efficace, quella di interessarsi vivamente dei problemi altrui a livello fisico e psicomentale con l’idea di parteciparvi attivamente. Quando ci si rivolge a chi è più sofferente di noi, se veramente si agisce con la logica del cuore, si provano emozioni e sentimenti molto intensi e gratificanti che uniscono le persone e si sperimenta l’amore come condivisione e partecipazione.
Attenzione alla mente!!! Questa dovrebbe svolgere solo la funzione coordinatrice delle energie che si sprigionano dal cuore e non il solito ruolo critico, speculativo e calcolatore che alla fine ti fa sentire sempre più solo, impotente e depresso. La mente, anche se sviluppa la consapevolezza, è sterile se non permette per paura o per altra ragione di gettarsi nell’azione, nel fare qualcosa.
Se comprendi le necessità, le sofferenze e i bisogni del tuo vicino, sei allora sulla strada giusta per sentirti realizzato, entri però, è bene dirlo subito, in una logica di pensieri sentimenti e comportamenti che richiedono qualche sacrificio.
Però l’energia deve esprimersi in tutto in forma cellulare da persona a persona, da pensiero a pensiero, da azione ad azione, dalle piccole cose alle grandi.
Non solo nei rapporti sentimentali, che sono karmicamente i più delicati e molto importanti perché richiedono un continuo impegno e scambio di energie, si deve sviluppare la forza amore ma anche nei rapporti con gli altri nell’ambito familiare e del lavoro, delle amicizie e delle conoscenze .
Ogni incontro-scontro è una occasione da non lasciarsi sfuggire per approfondire il rapporto con se stessi e per esprimere al massimo l’energia amore come comprensione ed accettazione.
Il vicino di casa fastidioso, il familiare più difficile, il collega di lavoro indifferente o isterico, il negoziante scortese, il cittadino che tenta di passare avanti nelle file o l’automobilista che fa una manovra scorretta, rappresentano il campionario quotidiano di tutte le reazioni più o meno istintive che creano malumore e rabbia.
Chi vuole crescere, deve considerare ogni fatto che accade nel contesto di vita quotidiana, come l’occasione per verificare la propria apertura di coscienza, la capacità di accettazione e di comprensione, la disponibilità al perdono e i propri limiti e carenze.
Più il legame è largo e indipendente e più si è tentati per pigrizia o abitudine o per disinteresse di non curare e disciplinare le reazioni interiori determinanti per l’equilibrio personale.
Quando un automobilista scorretto ti taglia la strada con una manovra azzardata, tu gli dici una parolaccia accompagnata da un gesto significativo e via nel dimenticatoio; quando un collega ti fa una cattiva azione, tu mandi giù per quieto vivere e via di seguito; tutte le reazioni nel contesto quotidiano, se non rese consapevoli, lavorano nel subconscio non certo per renderci sereni, anzi al contrario, finiscono con l’inaridire il senso della comune appartenenza ad una umanità sofferente.
Quello che viviamo noi, lo vivono anche le altre persone che ci infastidiscono.
Non è quindi giusto l’atteggiamento di scartare queste prove del carattere: dovremmo prenderne consapevolezza per verificare i limiti della nostra sensibilità, della nostra disponibilità o della naturale irritabilità e disciogliere nell’intimo della nostra coscienza la rabbia, il risentimento e poi agire secondo il buon senso, con i piedi a terra ma facendo appello sempre alla logica del cuore. La cosa importante è non lasciarsi coinvolgere da sentimenti bassi di odio e di rancore o di risentimento e disprezzo, perché sono queste le forze che aprono l’animo alla sfiducia, alla negatività e all’indifferenza e agiscono come pesanti zavorre nella vita interiore di ciascuno.
Quindi le occasioni per vivere l’amore cosmico, la fratellanza e l’armonia, prima con se stessi e poi con gli altri, sono infinite in ogni momento della giornata, sta a noi, alla nostra sensibilità, alla nostra creatività riconoscerle e sperimentarle.
La differenza fra una persona che ha capito ed attua anche con sforzo questo ideale di vita e una che lascia andare e venire le reazioni al modo di vivere frenetico e stressante, è una sola: la prima è serena, viva sempre disposta a capire, a scusare e ad agire con calore disponibilità e cordialità in ogni situazione con chiunque, la seconda è acida, sempre aggressiva, scontenta insoddisfatta e negativa, non capisce che il mondo è come uno specchio: riflette ciò che abbiamo dentro noi.
Viene proprio di domandarci se non vale la pena di sviluppare nel nostro intimo con esercizi e impegno la forza di amore cosmico per rafforzare il nostro equilibrio psicofisicomentale e la capacità di andare incontro al prossimo.