CAPITOLO X
L’eutanasia: libera scelta o atto contro la vita?
Molto frequentemente dalle cronache dei giornali e dai notiziari radio televisivi sono riportate notizie su casi di eutanasia, si ricorda addirittura qualche processo a persone o a medici che l’hanno praticata.
Secondo le nostre conoscenze, praticare l’eutanasia significa interferire nel karma di quella persona e macchiarsi di un atto contro la vita, anche se in certi casi può essere interpretato come un servizio di amore o come una libera scelta di un individuo libero e indipendente.
Coord.: Vorremo sapere come può essere giustamente valutata la eutanasia.
Stewo: L’eutanasia avviene naturalmente nel caso in cui si limita o si blocca l’accanimento terapeutico, specie quando tutte le possibilità di garantire una vita dignitosa sono ormai scemate. I medici credono che con il somministrare medicinali anche nelle situazioni senza speranza, possano allungare la vita di un paziente, senza però sperimentare sulla propria pelle le sofferenze che il vivere in quelle condizioni comporta. (Giusto la terapia del dolore che Stewo ha provato nell’ultimo periodo di vita prima di trapassare, allevia il dolore ma spegne quasi totalmente la coscienza; lui dice che non è evolutivamente corretto attutire la coscienza, perché con la esperienza del dolore consapevole si cresce notevolmente).
Le persone vicine al malato sanno quando non c’è più niente da fare, spesso anche lo stesso malato, se cosciente, capisce di essere vicino alla fine.
Tuttavia Stewo non esclude che col tempo si possa arrivare a praticare l’eutanasia ma gestita in forme altamente coscienti. Questa forma di eutanasia può chiamarsi in realtà non accanimento terapeutico, come il distacco dei tubi, quando sono compromesse tutte le funzioni vitali di un paziente o il lasciarlo morire in pace senza più somministrargli medicine, quando è giunto al termine con sofferenze ancora sopportabili.
Comunque tutte le esperienze che riguardano il tipo di morte per ogni individuo, sono già scelte e decise prima della reincarnazione. Stewo si raccomanda: - Non dovete aver paura che qualcuno gestisca la vostra vita o quella dei vostri cari, se in realtà non lo volete.
Il modo di morire è un fatto karmico, ma soprattutto le esperienze e le sofferenze che portano al trapasso: una persona che, per esempio, è stata 20 anni in coma, doveva vivere quegli anni in quelle condizioni indipendentemente dal fatto che qualcuno poteva staccargli i tubi, doveva provare questo tipo di esperienza di sofferenza profonda, considerando che quando si è in coma, si sente tutto, si vede tutto, si registra tutto ma non si può reagire attivamente.
Perché quella persona sta lì, in quella situazione? E perché ad un’altra si staccano i tubi e tuttavia riprende a vivere autonomamente? Dobbiamo rispondere a queste domande seguendo la legge del karma e della reincarnazione, che danno risposte complete ed esaurienti.
Coord.: Anche per Stewo vale lo stesso discorso?
Il discorso per Stewo, dice Laura, è diverso perché lui si è sobbarcato il fardello, per una vita, delle preoccupazioni e sofferenze morali di moltissime “anime tormentate”; si dirà: era stabilito già.
Lui si è avvicinato a gente che bene o male, ha fortemente contribuito ad “affossarlo”, lui ha dato la linfa vitale per salvare queste persone, ma gli è costato un grande sacrificio.
E’ morto, quindi, prematuramente, ma per questa ragione si è procurato un guadagno senza uguali. Grazie a questo, afferma Laura, ha avuto un recupero energetico impressionante che gli permette di agire anche più rapidamente: una prova? Il contatto con noi che ha voluto mantenere, è un grosso dono, è un grosso atto altruistico: il volerci “trascinare” aspettandoci per ritrovarci la prossima incarnazione tutti insieme qui per lavorare.
Coord.: Se un malato terminale chiama un medico per farsi iniettare una sostanza letale, si macchia karmicamente o si sa che comunque doveva finire così?
Stewo: Decisamente si macchia lui e chi gliela inietta. L’essere umano di fronte a grandi sofferenze si ritira, perché è nato per godere e non è nella sua indole scegliere la sofferenza, ma si illude se crede di raggiungere uno stato di serenità e di pienezza o di forte energia, stroncando artificialmente la vita.
Quando avrà superato questo gradino, se è karmicamente scritto per lui, accettando le sofferenze e il dolore, giungerà veramente allo stato di serenità, gioia e compiutezza desiderate.
Gli orientali riescono a sopportare il dolore perché lo bloccano con la mente, la forza mentale è superiore alle terminazioni sensitive dell’uomo.
Coord.: Ma il cristiano accetta il dolore, non si scherma come fanno gli orientali…
Stewo: Non si tratta di fermare il dolore, per gli orientali, ma di sentirlo, riuscendo a controllarlo, questa, è la cosa positiva. Il sentire dolore per noi occidentali, significa terrore, paura e disperazione.
Per ritornare all’eutanasia, questa è una vera fuga dagli accordi presi in precedenza, cioè prima della reincarnazione. La morte è la conclusione di un ciclo vitale, è un sigillo ed un elemento prezioso: è come entrare per una porta con la chiave senza forzarla come un ladro. Nel trapasso forzato non c’è la sensazione gioiosa e completa che si prova naturalmente.
Accettare l’eutanasia, prosegue Stewo, è uno sfregio alla vita. Ci sono poi degli aspetti molto negativi: si dà un potere eccezionale alla persona cui si chiede la morte, potrebbe essere anche un individuo mosso da interessi egoistici. E poi il malato provato dal dolore, può gestire coscientemente tutto questo? Di fronte al dolore fisico o morale senza tregua nessuno è più se stesso, nella disperazione si accetta anche un aiuto che è una discesa per entrambi: per chi la subisce e per chi la provoca. Anche quest’ultimo si macchia karmicamente, per quanto si sforzi di agire nella maniera più impersonale possibile, senza partecipare emotivamente o moralmente. La vita è vita e non si può stroncarla impunemente.
Coord.: Una volta terminata questa vita, è giusto dare al corpo sepoltura o cremarlo?
Stewo: La cremazione è il modo migliore per far ritornare il corpo fisico allo stato di energia, il fuoco consuma la materia e lascia solo un residuo essenziale: le ceneri.
E’ l’atto con cui si vuole significare che lo spirito va aldilà del corpo.
Sulla terra il corpo fisico va in fumo, nel mondo spirituale rinasce l’entità che lo ha occupato come puro spirito.
E’ un atto molto significativo, però chi decide di compierlo, deve fare un’opera di convincimento in vita nei riguardi di quelle persone più care intorno a lui, per portarle a ragionare in questo modo.
Io ho deciso con il consenso di tutti i miei cari, per cui mi sono sentito bene e completo al momento della cremazione e sono ritornato “in patria” senza strascichi.
Se però una persona decide di farsi cremare contro l’ostinazione e il convincimento dei suoi cari, non ha guadagnato nulla e ha creato solo disperazione.
Infatti, se quelle persone per il fatto di non avere più il loro caro in carne ed ossa, se pur defunto, soffrono e si disperano, che cosa importa alla fine essere cremati o no?
E’ come per il trapianto di organi: cedere un organo è un grosso atto di amore, che però deve essere maturato insieme alle persone care; sono queste che alla fine decidono se privare di un organo la persona a cui sono legati da profondo affetto.
Vi do un consiglio saggio: concordate prima le vostre decisioni in merito alla cremazione e alla donazione di organi, perché bisogna tenere assolutamente conto di coloro che sono condizionati spesso da cultura, educazione ed usi e costumi ormai sorpassati.
giovedì, marzo 06, 2008
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